L'Incursore

Informatore dell'Incursore, edito dall'Associazione Nazionale Incursori dell'Esercito

Piazza dei Domenicani, 6 - 57123 LIVORNO - Tel. e Fax 0586887552  

Web: http://www.incursoriesercito.com: e-mail: anie@incursoriesercito.com

esce quando può

 

 

Saluto del Presidente

           Iniziamo la pubblicazione dell’Informatore e sento già la giusta eco “era ora !”. 

Spiego: quando abbiamo costituito questa nostra Associazione eravamo convinti che tutti gli Incursori sarebbero accorsi ad iscriversi, costituendo con le loro quote la base finanziaria per iniziative del genere. Non è stato così: gli iscritti ad oggi sono circa il 10% di quanti avrebbero titolo a divenire Soci Ordinari. Abbiamo aperto subito un sito Internet “http://members.xoom.it/ANIE” , ma solo ora abbiamo potuto produrre questo primo numero, nelle dimensioni e nella forma che vedete. Questo è un motivo in più per cui ognuno degli iscritti debba fare tutto il possibile e ancor di più, per “stanare” quei commilitoni che ancora non sono soci ed indurli a divenirlo. Mi rifiuto di credere che quanti sono stati con noi, prima nei Sabotatori, poi negli Incursori non vogliano ritrovarsi nella loro associazione. Dobbiamo sentire il dovere di esortarli a farlo. Noi che vi abbiamo aderito fin dal principio, sappiamo cosa significhi e possiamo ben spiegarlo. Naturalmente il sito Internet è assai più ricco e consiglio a tutti coloro che ancora non lo hanno fatto, di avvicinarsi a questo prodigio della tecnologia. Usare un computer è facile; navigare in Internet è come esplorare un nuovo mondo ed avere tutte le informazioni sulla punta delle dita. Inoltre, oggi, non avere un computer e non usare Internet, significa rimanere terribilmente indietro al progredire della società. Stiamo uniti e aggiornati !

Un abbraccio  

                                                                                             

                                                                                   L'Ardito. Olio dell'Incursore Danilo Fatturini

       

                         

                         

                         

     

   

 

                           

    Capitano Agostino Migliaccio

       Comandante della 104^ cp.

 

 

Ponti sul Mincio

 

L’ultimo combattimento degli Arditi contro un reparto tedesco che col suo fuoco di sbarramento ostacolava le azioni degli Alleati sulla rotabile, avvenne a Ponti sul Mincio, a sud-ovest di Peschiera, il pomeriggio dei 30 apr. 45. L’azione, condotta dal capitano A. Migliaccio della 104^ Cp. in stretta collaborazione col valoroso partigiano Bruto della «Avisani», si concluse vittoriosamente con l’eliminazione del caposaldo nemico e la cattura dei superstiti. Caddero sul campo gli Arditi Serg.Magg. Giorgio Orcesi, Enrico Benedetti, Mario Galbusera, Antonio Quaranta e Luigi Marcon, l’italo-americano R. Carlson (che si era unito agli italiani) ed i partigiani Campeggi e Parolini.

Ogni anno da allora, le Autorità e la popolazione di Ponti sul Mincio commemorano riconoscenti la ricorrenza. Come l’anno scorso, quest’anno vi hanno partecipato il Presidente ed una delegazione dell’ANIE. Per maggiori dettagli clicca qui

 

 

 

 

A sinistra il 25.000 della zona

 

 

 

 

 Maggiore

 Giovanni 

 Messe

 Primo

 Comandante del  

 IX Reparto

d'Assalto

 

 feb. - dic. 1918

 

Col Moschin                            

 

Sul Col Moschin troneggia questo Cippo ad onore e memoria degli Arditi che qui combatterono nel corso della I Guerra Mondiale, ricoprendosi di gloria e meritando la Medaglia d'Argento al Valor Milita- re  al Labaro.

 

Essi sono i nostri progenitori.

 Il Comandante austriaco   partecipa fraternamente alla Cerimonia

 

 

Il nostro Pasculli accanto al Cippo

  E’ il quarto anno che la celebrazione vede la partecipazione degli Incursori alla Cerimomia.

 Il  primo anno fu il Comandante Bertolini ad organizzarla ed attuarla con la partecipazione      dell’intero 9° rgt. Col Moschin. Poi fu la volta dell’ANIE, appena costituita, che pur avver- sata da un tempo inclemente, portò a termine una toccante rievocazione e prese accordi con il Comune di Solagna (nel cui territorio si trova il Colle), per rendere la Celebrazione un evento ri- corrente incluso nel calendario dello stesso 

Comune. L’anno successivo il Comandante Sblendorio portò nuova- mente il 9° rgt. Sul Colle. Quest’anno l’onorevole compito è stato ancora as- sunto dall’ANIE che, con miglior fortu- na meteorologica, ha degnamente celebrato la ricorrenza, con la partecipazione di un nutrito nucleo di Incursori e gentili consorti per la maggior parte partiti da Livorno e di una rappre- sentanza di Incursori in servizio.

Storia di quelle gesta (clicca qui)

 

                                              

Cima Vallona

 

uno dei tralicci.

 

    Non eravamo stati mai a Cima Vallona, neppure il sopravvissuto Marcello Fagnani, forse per un moto dell’anima che voleva come seppellire quel ricordo per molti versi così infamante per chi aveva subdolamente perpretato l’attentato e non nobile per chi vi aveva opposto vite umane, Sapevamo che gli Alpini, che pure avevamo subito la perdita di uno dei loro, l’Alpino Piva, avevano eretto una Cappella ed ogni anno Autorità e popolo, come in pellegrinaggio, vi si recavano per evocare quei giorni maledetti e per scongiurare il loro ripetersi. Siamo riusciti a convincere il riluttante Marcello e, dopo Col Moschin, ci siamo trasferiti allo Sporting Hotel di Pieve di Cadore, del sabotatore in congedo Giorgio Piaia, che ci ha accolti con antica calorosa amicizia, per esser presenti il giorno dopo alla Cappella. La giornata era splendida e la folla impressionante. C’era anche una Banda dei Carabinieri.

Raccontare tutti gli eventi è cosa ardua. Ci limitiamo a quelli a noi più vicini. Si constata che è presente il dottor Ruscelli, che allora ricompose le salme e soccorse, letteralmente salvandolo, Marcello Fagnani. Si provoca l’incontro dei due, che subito si abbracciano...e le corde dei sentimenti vibravano. Poi viene il momento dell’intervento del nostro Presidente, che fuori degli schemi rievoca quei giorni: lui c’era. Il bruscio della folla si fa silenzio ed ognuno rivive quei tragici avvenimenti.

Riportiamo il testo dell’intervento, significativo oltre ogni possibile commento:

 

 

 

 

 gruppo dell'ANIE a Cappella Tamai

 

 

“Autorità, Signore, Signori, buon giorno a tutti. Come Presidente Nazionale dell’Associazione Incursori dell’Esercito, ho l’onore di partecipare alla celebrazione odierna. Mi accosto a questo con animo pervaso da due sentimenti, che probabilmente sono così forti e intimamente sofferti perché sopraffatto da ricordi che l’età rende ancor più struggenti. Il rimpianto per la perdita di cari amici e colleghi ed un profondo stato di disagio, conseguente al fatto che questa è la prima volta che vengo quassù ed è questo il mio rammarico. Consentitemi perciò di lasciare che i ricordi fluiscano da me per darmi un po’ di consolazione.

 

 

La testimonianza del nostro Presidente con

   a fianco Marcello Fagnani

 

Io ero uno di loro, ero uno della Compagnia Speciale che dal 23 settembre 1966 sino al 6 maggio 1967 ha svolto gli stessi compiti, ha corso gli stessi pericoli, ha affrontato le stesse insidie mortali che una banda di spregevoli individui aveva disseminato nei luoghi ove sapevano che gli amanti di questa splendida natura avrebbero cercato riposo: i Rifugi. Che meravigliosa esperienza umana e professionale fu quel periodo, dove carabinieri, finanzieri, poliziotti, alpini e sabotatori (così si chiamavano allora gli Incursori) tutti assieme in nuclei misti, ognuno con i propri compiti, si lavorava, incuranti dei disagi e delle fatiche, con equipaggiamenti inadeguati alle estreme condizioni del clima invernale dell’alta montagna, ma con la ferma convinzione che facevamo qualcosa di estremamente importante per la nostra Patria. 

 

                                                           

                                                                                                    

 

                                                          

I  quattro Caduti in un quadro ad olio posto all'interno della Cappella Tamai (a destra).

 

Il Comandante la Compagnia, Capitano cc. par Francesco Gentile era l’uomo giusto per creare l’amalgama tra personale così apparentemente mal assortito. Per noi sabotatori aveva una considerazione particolare, dovuta sì alla consapevolezza di doverci assegnare i compiti più pericolosi, ma anche in virtù di una consolidata amicizia nata nei reparti paracadutisti dove anche lui aveva militato. Era stato mio capo calotta da subalterno nella Brigata Paracadutisti e ci conosceva tutti per nome di battesimo, ufficiali e sottufficiali, il tratto era cortese e determinato, risoluto allorché era necessario prendere decisioni importanti. Un grande Comandante.

Ricordo quel 6 maggio ’67, quando al rientro da una missione in Val Aurina, terminato il rapporto post-missione, vedendomi non del tutto tranquillo mi chiese se avessi qualche problema. Gli risposi: " No, nessun problema, e solo che mia moglie ha finito il tempo da dieci giorni e vorrei sapere qualcosa”. Dopo 30 minuti ero in viaggio per Livorno, nonostante le mie proteste. Dopo due giorni nacque la mia prima figlia. Questo era Gentile. Non l’ho più rivisto.

 

Mario DI LECCE, Sten. Sabotatore, serio posato, anzi troppo serio per la sua età. Ho di lui un ricordo vivissimo perché appena sposati siamo partiti da Livorno per l’Alto Adige e lui mi confidava il suo disagio per aver lasciato la giovane sposa, che aveva 18 anni, da sola. Al che rispondevo che mia moglie era certamente più matura e sopportava meglio la lontananza perché ne aveva 20. Un giorno di gennaio o febbraio del ‘67 mi disse: “Enrico, mia moglie è incinta, come faccio adesso?” Io gli risposi che eravamo proprio due “draghi” perché anche mia moglie era incinta. Ricordo le risate… sino a che pensammo che mal comune mezzo gaudio… trovammo un appartamento a Laives e facemmo venire le nostre mogli che, quantomeno, si tenevano compagnia durante i turni, anche settimanali, che si facevano nei rifugi in alta montagna. Fu un periodo indimenticabile. Ricordo il suo comportamento nei confronti della moglie, così tenero e a volte impacciato davanti a qualche mia battuta un po’ osé, diventava rosso in volto. Povero Mario non ha avuto neanche la gioia di vedere la sua bambina nascere. Non ti ho mai dimenticato.

 

                                                                                                                                 

Olivo DORDI, Serg. Sabotatore. La sua testa rossa non poteva passare inosservata, così come non poteva passare inosservata la sua serietà e dedizione al servizio, la sua voglia di far sempre bene, la disponibilità entusiasta, l’allegria che sprigionava da quel suo carattere estroverso e, nello stesso tempo, contenuto da una timidezza tipica della gente di montagna. Ricordo che non gli piaceva l’acqua, ma caparbiamente non mancava mai ad un addestramento anfibio.

Olivo non ti abbiamo dimenticato.

Alpino Piva, non so nulla di te, so solo che una mente malata, crudele e vile, che alloggiava in un corpo che è assai difficile definire umano, ti ha ucciso, privandoti del diritto ad avere una vita, che comunque fosse stata vissuta, era tua.

Amici cari non vi abbiamo dimenticato e non vi dimenticheremo.

Ho qui vicino a me l’Aiutante Marcello FAGNANI, MAVM, testimone e superstite di quella tragedia. Siamo nati Sabotatori assieme, abbiamo vissuto, nel corso di oltre vent’anni, esperienze le più disparate e pericolose in ogni ambiente operativo e naturale, ho assistito con gioia fraterna al suo recupero fisico e morale, ho conosciuto sua moglie e i suoi figli, ma quasi per un tacito accordo non abbiamo mai parlato di quel tragico episodio perché lui lo ha cancellato. Non accettando nessun compromesso che qualcuno, memore di quanto accadutogli, poteva elargirgli. Si è costruito la propria carriera solo con i suoi meriti, pretendendo non solo di essere trattato come tutti gli altri, ma impartendo a molti colleghi e non lezioni di dirittura morale e dimostrazioni di capacità professionali di eccellenza. Consentitemi di concludere leggendo la motivazione della medaglia d’argento di Marcello Fagnani:

“ Sottufficiale di un reparto speciale per la lotta antisabotaggio in Alto Adige già distintosi per capacità, coraggio e sprezzo del pericolo in numerose operazioni di ricerca e di disattivazione di ordigni esplosivi precollocati da terroristi, mentre si dedicava con sereno e cosciente ardimento allo svolgimento di una rischiosa missione conseguente ad un attentato dinamitardo nel quale aveva trovato la morte un Alpino, veniva gravemente ferito dallo scoppio di una trappola esplosiva subdolamente predisposta. Vinceva con ferma volontà lo strazio della carne martoriata, dando prova di eroico stoicismo”

A riprova dell'interesse suscitato, il giorno dopo

il giornale della valle, Il Corriere delle Alpi, dedi-

cava all'evento l'articolo di apertura in prima pa-

gina, con grande risalto e foto a colori (riprodot-

to qui sopra), più quasi una pagina intera nel- l'interno.

 

                                                   

NOTA STORICA ESSENZIALE: Il Tirolo si divide e diventa a sud italiano dopo la prima Guerra Mondiale, il 10 settembre del 1919 con il trattato di St. Germain. Oggi il Sud Tirolo (Alto Adige) coincide con la provincia autonoma di Bolzano, 459.687 abitanti divisi in gruppo tedesco (67,99%), italiano 27,65%) e ladino (4,36%). A Bolzano, 97 mila abitanti, la maggioranza è italiana (gli italiani sono per 4 quinti nelle città).

La frontiera con l’Austria passa per un breve tratto in Veneto e si conclude con il Friuli delle Alpi Carniche.

 

n. 2 - 9 novembre 2001

 

Edizione speciale per l'anniversario dei

Caduti della Meloria

 

di Nello Tagliati

 

 

 

 

Trent’anni fa, subito dopo il decollo dal- l’aeroporto di Pisa, alle 5 e 45 del 9 novembre 1971, un Hercules della Royal Air Force, si inabissò al largo della Meloria, dove le secche degradano e il fondale strapiomba ad oltre quaranta metri.

Cinquantadue morti: 46 paracadutisti - due sottotenenti, due sottufficiali, poi tutti paracadutisti di leva, ragazzi sui ventanni ed i sei membri inglesi dell’equipaggio della RAF.

La più grave sciagura che abbia mai colpito le Forze Armate Italiane in tempo di pace, che commosse l’Italia tutta con vasti echi internazionali.In quel mesto novembre, mentre la città proclamava il lutto cittadino, la Folgore non si sentì sola, ma confortata dalla solidarietà unanime. La partecipazione ai funerali fu tanto massiccia quanto spontanea e sentita, a sottolineare che non era il lutto della sola “Folgore” ma dell’intera città, partecipato da tutti gli italiani e certamente anche dalla popolazione inglese.

Comandante all’e- poca era il generale Ferruccio Brandi, medaglia d’oro al valor militare, guadagnata nell’epica battaglia di El Alamein. Era partito col primo - Gesso 1- degli otto Hercules della RAF, che cooperavano con la Folgore per l’esercita-zione Cold Stream. Dopo il lanciò in una zona della Sardegna, saputo che “Gesso 4” non aveva risposto al contatto radio, rientrò subito a Livorno al suo posto di responsabilità.

 

Il Monumento ossario eretto al Cimitero dei Lupi. 

                                                                           

Intanto al posto di comando sull’aero- porto di Pisa, dopo aver ricevuto dalla torre di controllo in messaggio “gesso 4 non risponde”, si interrogavano febbrilmente via radio i comandanti degli altri velivoli in volo. Alcuni riferirono di aver percepito un bagliore all’altezza della Torre della Meloria. Fu subito innescata la procedura di soccorso, attivando nel contempo il Comandante del 26° Gruppo ALE, che si levò subito in volo con i suoi elicotteri, e il Comandante della base Incursori, che salpò subito con l’idroambulanza, entrambi con missione ricognitiva e di soccorso nell’area della Meloria. Le unità navali della Capitaneria del porto di Livorno, della Guardia di Finanza, dei Carabinieri ed altre della Marina dal porto di la Spezia, fecero subito rotta sulle secche della Meloria. Una conferma relativa alla località del disastro venne da un cacciatore, che riferì ai Carabinieri di Tirrenia di aver visto un bagliore, una fiammata al largo della Meloria.

Che non ci fossero superstiti lo si capì subi- to, quando dall’area della ricerca si segnalò la presenza di un canotto pneumatico, di quelli che si attivano automaticamente in caso di impatto in acqua del velivolo.           Era...vuoto...                                                

 

Il Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Leone, rende omaggio ai Caduti, prima

di porgere le condoglianze ai familiari. E' presente anche l'ex Presidente Gronchi.

 

 

                                                                               

                              La zona del disastro                                     

                                                                                                                                                                                             La Torre della Meloria

 

Persa ogni speranza cominciò la penosa attesa della localizzazione del relitto.

Passarono sette lunghi interminabili giorni prima che, finalmente, l’aereo fosse localizzato. Adagiato a quaranta metri, su un fondale sabbioso in mezzo alle alghe. Le avversità atmosferiche ostacolavano il recupero delle salme, che fu possibile solo a poche unità per volta. Ci volle più di un anno per recuperare tutti quei poveri corpi o quello che rimaneva di essi. Nel corso di queste operazioni, sciagura nella tragedia, un sottufficiale del 9° btg.sab.par., Giannino Caria, pagò col sacrificio della vita il tentativo di restituire i corpi ai loro cari..

                                                                                                                                                                              

           

MEDAGLIA DORO (al Valor Civile) alla memoria del

Serg.Magg.sab.par.spe. CARIA Giannino:

volontariamente alle difficili operazioni di recupero delle salme dei propri commilitoni rimaste prigioniere sul fondo del mare, nel relitto di un aereo inabissatosi in tragiche circostanze. Malgrado la violenta avversità degli elementi naturali non desisteva dall’effettuare ripetute rischiose immersioni, fin quando restava vittima del proprio indomito valore, facendo olocausto della giovane vita e legando così il suo destino a quello dei commilitoni caduti. Nobile esempio di completa dedizione al dovere e di sublime abnegazione”.

Zona della Meloria (Livorno), 18 Novembre 1971.

Concessione del Presidente della Repubblica, per iniziativa del Presidente.

 

 

 

 

 

Per la realizzazione del monumento ossario furono presentati diversi bozzetti. Fu scelto quello del Sergente paracadutista Rossato. Nella foto qui sotto i bozzetti sono illustrati al familiare di un caduto inglese

Sono Caduti nelle acque della Meloria

i paracadutisti italiani della Folgore:

S.Ten.

S.Ten.

Mar.

Serg.Magg.

CM

cap.

cap.

cap.

cap.

cap.

cap.

cap.

par.

par.

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Borghesan

Magnaghi

Augello

Celozzi

Colombini

Interrante

Benericetti

Bolzoni

Fiumara

Ianni

Licori

Vantaggiato

Dal Lago

De Vito

Ferrari

Fumosa

Furgeri

Carasi

Frasson

Torsello

Ciapellano

Donnarumma

Dessì

Ernesto

Piermaria

Giuseppe

Carmine

Carlo

Paolo

Maurizio

Silvano

Anonio

Giuseppe

Sandro

Franco

Luciano

Angelo

Mirko

Salvatore

William

Michele

Carlo

Leonardo

Arcangelo

Paolo

Pietro

par.

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D'Alessandro

Di Natale

Ginex

Dall'Asta

Facchetti

Fracassetti

Guarnieri

Quarti

Giannattasio

Giannini

Liuzzi

Giglioli

Matelli

Morganti

Angelini

Sabatini

De Marco

Guidorzi

De Mitri

Carta

Deiana

Dalzotto

D'Alessandro

Antonio

Guglielmo

Andrea

Fulvio

Giuseppe

Renato

Giuseppe

Elia

Rocco

Giovanni

Roberto

Alberto

Daniele

Roberto

Leonardo

Silvano

Vincenzo

Bruno

Ubaldo

Ettore

Arturo

Danilo

Giuseppe

ed i membri della Royal Air Force:

C.G. Harrison

R.R. Lee

M. Swann Price

M.F. Fawcett

P. Fulford

C.D. King

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